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    Mitologia greca e romana
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    view post Posted on 21/12/2012, 11:43 by: Matrona Malice     +1   -1
    Nella religione romana i Mani (in latino: Manes) erano le anime dei defunti. Il loro nome deriva dal latino e significa Benevolenti. Esse talvolta venivano identificate con le divinità dell'oltretomba.
    Erano oggetto di devozione sia in ambito familiare che cittadino e le offerte che si indirizzavano loro erano prevalentemente di origine alimentare (vino, latte, miele, pane ecc.) segno evidente di una loro matrice prevalentemente agricola.
    Due erano le feste principali nelle quali il loro culto era particolarmente sentito: i rosaria, durante i quali le tombe dei defunti venivano ornate con rose e viole e i parentalia che si celebravano ogni anno dal 18 al 21 di febbraio quando si sospendevano gli affari, i matrimoni e venivano chiusi i templi.

    spiriti01



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    Mani,
    morte,
    spiriti
    Comments: 0 | Views: 17Last Post by: Matrona Malice (21/12/2012, 11:43)
     

       
    view post Posted on 21/12/2012, 11:35 by: Matrona Malice     +1   -1
    lari
    I Lari (dal latino lar(es), "focolare", derivato dall'etrusco lar, "padre") sono figure della mitologia romana che rappresentano gli spiriti protettori degli antenati defunti che, secondo le tradizioni romane, vegliavano sul buon andamento della famiglia, della proprietà o delle attività in generale.
    Naturalmente, i più diffusi erano i Lares familiares, che rappresentavano gli antenati. L'antenato veniva raffigurato con una statuetta, di terracotta, legno o cera, chiamata sigillum (da signum, "segno", "effigie", "immagine").
    All'interno della domus, tali statuette venivano collocate nella nicchia di un'apposita edicola detta larario e, in particolari occasioni o ricorrenze, onorate con l'accensione di una fiammella.
    Ogni avvenimento importante era messo sotto la protezione dei Lari con sacrifici e offerte: per esempio il raggiungimento dell'età adulta, la partenza per un viaggio oppure il ritorno di qualcuno, il matrimonio, le nascite.
    I Penati invece erano gli spiriti tutelari dei viveri di riserva della famiglia e del loro ripostiglio; in seguito tutte le divinità protettrici della famiglia, con culto simile a quello dei Lari. I Penati erano dunque gli Spiriti Protettori di una famiglia e della sua casa (Penati familiari o minori), nonchè gli Spiriti protettori dello Stato (Penati pubblici o maggiori) e furono venerati, insieme con Vesta, fino al termine del paganesimo, quando Teodosio, nel 302 d.c., ne vietò il culto pena la perdita dei beni, l'esilio o la morte.

    Servio scrisse che il culto dei Lari era stato indotto dall'antica tradizione di seppellire in casa i morti. Secondo la testimonianza di Plauto i Lari venivano rappresentati come cani e le loro immagini venivano conservate nei pressi della porta di casa.
    Una fra le più diffuse iconografie li presenta come giovinetti che indossano una corta tunica ed alti calzari, mentre versano del vino dal rhyton in coppe.

    In prossimità del Natale dell'antica Roma, si svolgeva la festa detta Sigillaria (20 dicembre), durante la quale i parenti si scambiavano in dono i sigilla dei familiari defunti durante l'anno.

    I Lari ebbero anche un culto pubblico: esistevano i Lares Compitales (Lari degli incroci stradali), i Lares Permarini (protettori della navigazione, al culto ...

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    Lari e penati,
    protettori
    Comments: 0 | Views: 337Last Post by: Matrona Malice (21/12/2012, 11:35)
     

       
    view post Posted on 21/12/2012, 11:31 by: Matrona Malice     +1   -1
    182869_152820511441199_152816831441567_313540_4995228_a
    Nella mitologia romana Tacita Muta è la dea degli inferi che personifica il silenzio. Veniva onorata il 18 febbraio o il 21 febbraio.
    Il suo culto era stato raccomandato dal re Numa Pompilio che aveva giudicato questa divinità necessaria all'istituzione del suo nuovo Stato.
    Il mito è narrato da Ovidio nei Fasti: Naiade, figlia del fiumiciattolo Almone, che si getta nel Tevere sotto Roma, in origine si chiamava Lara o Lala, nome che deriva dal greco λαλέω, "parlare, chiacchierare".
    Proprio per il suo troppo parlare, fu punita da Giove, irritato perché aveva rivelato alla sorella Giuturna e a Giunone le mire che il dio nutriva su di lei. Giove le fece mozzare la lingua e l'affidò a Mercurio perché la conducesse agli Inferi.
    Durante il percorso, Mercurio se ne innamorò ed ebbe con lei rapporti carnali. Da quest'atto nacquero due gemelli, i Lares compitales, ai quali, nella religione dell'antica Roma, era affidato il compito di vigilare le strade della città.[1] Come dea del silenzio, Lala assunse così il nome di Tacita Muta e, come madre dei Lari, venne anche chiamata Acca, proprio perché la lettera h è muta.
    I riti annuali tenuti in suo onore prevedevano, tra l'altro, di cospargere di pece la testa di un pesce menola, animale evidentemente muto, di arrostirla nel vino e di bere la bevanda così ottenuta. Attraverso questo rito propiziatorio si intendeva evitare che nella città si diffondessero maldicenze.
    I Romani unirono a questa festività quella dei Morti (i Feralia), sia perché Lara era accreditata come la madre dei Lari, sia perché, avendo la lingua mozzata, la dea era simbolo della morte, caratterizzata tra l'altro dall'eterno silenzio.

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    Dea del silenzio,
    Tacita Muta
    Comments: 0 | Views: 96Last Post by: Matrona Malice (21/12/2012, 11:31)
     

       
    view post Posted on 21/12/2012, 11:13 by: Matrona Malice     +1   -1
    306px-N06Angerona
    Dea del silenzio, protettrice degli amori segreti, guaritrice dalle malattie cardiache, dal dolore e dalla tristezza, viene rappresentata con l'indice della mano destra sulle labbra chiuse.
    Ad Angerona spettava il compito di tenere segreto il nome della città, non consentendo ai nemici di conquistarla oltreché di presiedere un periodo dell'anno delicato come era il solstizio d'inverno.
    Non aveva templi particolari, ma solo una statua nel tempio della dea Volupia, con cui, a volte viene confusa.
    La dea veniva associata ad altre divinità, tra le quali: Opis dea romana della fertilità, dell'abbondanza e della gravidanza; Muta dea dei campi e soprattutto silenziosa anche lei.
    La sua festa, definita Angeronalia, veniva celebrata il 21 dicembre e prevedeva una serie di riti sacrificali da compiersi presso il tempio di Volupia.

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    Angerona,
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    guaritrice dalle malattie cardiache,
    guaritrice dolore,
    guaritricedalla tristezza,
    protettrice degli amori segreti,
    protrettrice del nome segreto della città,
    solstizio d'in
    Comments: 0 | Views: 97Last Post by: Matrona Malice (21/12/2012, 11:13)
     

       
    view post Posted on 15/11/2012, 14:05 by: Matrona Malice     +1   -1
    sisifo
    Mentre Sisifo cercava di risolvere il problema dell'acqua, che a Corinto era molto scarsa, si ritrovò nei pressi della rocca di Corinto, dove vide Zeus con una bella ninfa. Questa era Egina, figlia del dio fluviale Asopo, che Zeus aveva rapito.

    Il dio Asopo si presentò allora a Sisifo nelle sembianze di un vecchio, e gli chiese notizie di sua figlia.
    Sisifo disse che l'aveva vista, ma non rivelò subito chi l'aveva rapita: chiese, in cambio dell'informazione, una fonte d'acqua per la sua città.
    Asopo promise che gli avrebbe dato la fonte, così Sisifo rivelò che la ninfa era stata rapita da Zeus. Soddisfatto, Asopo fece dono al re della sorgente perenne detta Pirene.

    Quando Zeus venne a sapere che Sisifo aveva parlato, chiese a suo fratello Ade di mandare Tanato per catturare Sisifo e rinchiuderlo nel Tartaro.
    Quando Tanato giunse a casa di Sisifo, questi lo fece ubriacare e lo legò con catene, imprigionandolo. Con Tanato incatenato, la morte scomparve dal mondo.
    Il dio Ares, quando si accorse che durante le battaglie non moriva più nessuno, e che quindi non avevano più senso, si mosse per prendere Sisifo e, liberato Tanato, lo condussero nel Tartaro.

    Sisifo, tuttavia, aveva imposto alla moglie Merope di non seppellire il suo corpo, per cui egli ebbe motivo per protestare con gli dei dell'empietà della moglie.
    Persefone, moglie di Ade, decise di farlo ritornare sulla Terra per tre giorni, il tempo di imporre alla moglie i riti funebri. Sisifo tornò nel mondo dei vivi, ma non obbligò la moglie a seppellirlo: così gli dei inviarono Hermes, che lo catturò e lo riportò negli Inferi.

    Come punizione per la sagacia dell'uomo che aveva osato sfidare gli dei, Zeus decise che Sisifo avrebbe dovuto spingere un masso dalla base alla cima di un monte.
    Tuttavia, ogni volta che Sisifo raggiungeva la cima, il masso rotolava nuovamente alla base del monte. Ogni volta, e per l'eternità, Sisifo avrebbe dovuto ricominciare da capo la sua scalata senza mai riuscirci.

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    sfida a gli dei,
    Sisifo
    Comments: 0 | Views: 26Last Post by: Matrona Malice (15/11/2012, 14:05)
     

       
    view post Posted on 22/8/2012, 12:26 by: Matrona Malice     +1   -1

    baubo



    Demetra la dea madre della terra, aveva una figlia di nome Persefone che, un giorno mentre giocava all'aperto, fu rapita da Ade il dio degli Inferi che la portò nelle profondità della terra. Le urla di Persefone si fecero sempre più flebili mentre Ade scendeva verso gli inferi e sulla terra cadde il silenzio. Demetra che in ogni luogo credeva di sentire la voce della figlia, cominciò a volare sulla terra alla sua ricerca, s'infuriò, pianse, urlò, cercò ovunque, implorò la morte, ma non riuscì a trovarla. Demetra allora maledisse il mondo intero, da quel momento, nessun bambino sarebbe più nato e tutto sarebbe seccato sulla terra riarsa.
    Demetra dal giorno della scomparsa della figlia non si era più lavata, pettinata e cambiata ed era piombata nella disperazione più cupa. Si era fermata ad un pozzo, quando le si avvicinò una specie di donna che si mise a ballare in modo osceno davanti a lei muovendo i fianchi mimando un rapporto sessuale. La ballerina era veramente uno strano essere: non aveva testa, gli occhi erano al posto dei capezzoli e la bocca al posto dei genitali. Quello strana creatura era Baubo che attraverso la sua “particolare bocca” cominciò a raccontare storie piccanti a Demetra che all’inizio sorrise poi rise ed infine scoppiò in una fragorosa risata liberatrice. Le storielle di Baubo avevano tolto dalla depressione Demetra che rigenerata, riprese a cercare la figlia, le ricerche questa volta ebbero esito felice e madre e figlia poterono riabbracciarsi.
    Nelle antiche culture matriarcali esistevano delle dee dell'oscenità. In loro l'osceno non era sinonimo di volgare, queste dee erano in grado di allontanare la malinconia e vincere la depressione con i loro racconti che erano un misto di risate e libido, che sono un'ottima medicina nei momenti di difficoltà.




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    Demetra,
    oscenità
    Comments: 0 | Views: 794Last Post by: Matrona Malice (22/8/2012, 12:26)
     

       
    view post Posted on 22/8/2012, 11:52 by: Matrona Malice     +1   -1

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    Tantalo, semidio figlio di Zeus e di Pluto, era benvoluto dagli dei, che spesso lo onoravano sedendosi alla sua mensa, ma fu autore di diverse offese agli dei, consistenti sostanzialmente in violazioni delle regole della xenia: tra esse il ratto di Ganimede, il furto del nettare e dell'ambrosia per distribuirlo ai suoi sudditi. Inoltre vi fu l'episodio del furto del cane d'oro, custode di un tempio di Zeus situato a Creta. In tale mito, l'artefice del furto era in realtà Pandareo, che lo affidò al ragazzo con l'impegno che lo nascondesse agli occhi divini. Hermes giunse con il chiaro intento di riavere il sacro animale, ma Tantalo giurò il falso. Secondo un'altra versione dello stesso mito, in realtà il cane era Rea trasformata dal dio Efesto.
    Inoltre, mosso dalla curiosità di sapere se veramente gli dei conoscessero tutte le azioni dei mortali, un giorno servì loro le carni del figlio Pelope. Tutti gli dei, tranne Demetra che era addolorata per la scomparsa della figlia Persefone, ovviamente rifiutarono il banchetto sacrilego e, risuscitato Pelope, gli sostituirono una spalla (mangiata da Demetra) con una di avorio. Altri autori antichi, come Pindaro, rifiutano questo tipo di misfatto credendo che invece il figlio Pelope fosse stato rapito da Poseidone, dio del mare, in preda alla passione e che fosse stato portato da costui sull'Olimpo per fargli da coppiere.


    Il supplizio



    Per tutte le offese agli Dei, Tantalo, dopo la morte, fu gettato nell'Ade dove, a memoria eterna del suo misfatto, non poteva né cibarsi né bere, nonostante fosse circondato da cibo e acqua. Tantalo, infatti, era legato ad un albero da frutto carico di ogni qualità di frutti, fra i quali pere e lucide mele, in mezzo ad un lago la cui acqua arrivava fino al suo mento. Ma non appena Tantalo provava a bere il lago si asciugava, e non appena provava a prendere un frutto i rami si allontanavano, o un alito di vento improvviso li faceva volare via lontano dalle sue mani.
    Questa impossibilità di raggiungere uno scopo che pure sembra a portata di mano ha dato origine all'espressione proverbiale il supplizio di Tantalo.
    Inoltre un grosso macigno incombeva su di lui minacciando di schiacciargli il cranio e facendolo così vivere in uno stato di terrore perenne.
    Secondo un'altra versione la morte viene collegata ad un supplizio in cui dovette sostenere un monte intero sulla sua testa.
    Altri personaggi mitologici famosi per essere stati sottoposti a un supplizio sono Issione, Tizio e Sisifo.

    I mitografi successivi cercarono in tutti i modi di discolpare gli dei da un possibile cannibalismo, stravolgendo in tutto...

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    tandalo
    Comments: 0 | Views: 389Last Post by: Matrona Malice (22/8/2012, 11:52)
     

       
    view post Posted on 5/6/2012, 16:41 by: Matrona Malice     +1   -1
    Le tre Moire, note anche con il nome di Parche nella mitologia romana o Norne in quella norrena, sono figure appartenenti alla mitologia greca.

    Mitologia Greca

    Figlie di Zeus e Temi, dea suprema dell'ordine, erano la personificazione del destino ineluttabile.
    Il loro compito era tessere il filo del fato di ogni uomo, svolgerlo ed infine reciderlo segnandone la morte.

    Ad esse era connessa l'esecuzione del destino assegnato a ciascuna persona e quindi erano la personificazione del destino ineluttabile.
    Erano tre:
    Cloto, nome che in greco antico significa "io filo", che appunto filava lo stame della vita.
    Lachesis, che significa "destino", che lo svolgeva sul fuso.
    Atrop, che significa "inevitabile", che, con lucide cesoie, lo recideva, inesorabile.

    Si tratta di tre donne dall'anziano aspetto che servono il regno dei morti, l'Ade.
    Il sensibile distacco che si avverte da parte di queste figure e la loro totale indifferenza per la vita degli uomini accentuano e rappresentano perfettamente la mentalità fatalistica degli antichi greci.

    Pindaro, in epoca più tarda, le indicò invece come le ancelle di Temi, al suo matrimonio con Zeus.

    Esse agivano spesso contro la volontà di Zeus. Ma tutti gli dei erano tenuti all'obbedienza nei loro confronti, in quanto la loro esistenza garantiva l'ordine dell'universo, al quale anche gli dei erano soggetti.
    Nonostante molti pensino che le Moire avessero un solo occhio e che se lo passassero vicendevolmente, bisogna dire che si tratta di una convinzione errata. Questa caratteristica, infatti, è propria delle Graie, come si può ben notare nel mito di Perseo, dove quest'ultime vengono descritte con un solo occhio e un solo dente, dei quali fanno uso a turno. E sarà proprio questa loro debolezza che permetterà a Perseo di scoprire il nascondiglio delle Gorgoni.

    Mitologia Romana

    In origine si trattava di una divinità singola, Parca, dea tutelare della nascita. Successivamente le furono aggiunte Nona e Decima, che presiedevano agli ultimi mesi di gravidanza.
    Venivano chiamate anche Fatae, ovvero coloro che presiedono al Fato (dal latino Fatum ovvero "destino").

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    Comments: 0 | Views: 19Last Post by: Matrona Malice (5/6/2012, 16:41)
     

       
    view post Posted on 5/6/2012, 16:39 by: Matrona Malice     +1   -1
    graiea+1

    Le Graie (dal greco Γραῖαι, ossia grigie, nel senso di anziane), conosciute anche col nome di Forcidi, nella mitologia greca, erano figlie di Forco e di Ceto e sorelle delle Gorgoni.

    Edited by Matrona Malice - 31/7/2012, 11:39

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    Comments: 0 | Views: 711Last Post by: Matrona Malice (5/6/2012, 16:39)
     

       
    view post Posted on 20/3/2012, 11:20 by: Matrona Malice     +1   -1

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    Originariamente, secondo il folclore romano, un incubo (dal latino incubare, "giacere sopra") era un demone di aspetto maschile che giace sui dormienti, solitamente donne, per trasmettere sogni cattivi e talvolta per avere rapporti sessuali con esse, mentre un succubo, o una succuba, (dal latino succuba, "amante") è un demone di aspetto femminile che seduceva gli uomini (specialmente monaci) per avere rapporti sessuali, soggetti/sottoposti alla volontà del succubo.


    Secondo il Malleus Maleficarum o "Martello dei malefici", i succubi giacevono con gli uomini, fino a sfinirli, per poterne raccogliere il seme, che poi avrebbero utilizzato gli incubi per fecondare le donne: "Nel compiere l’atto sessuale i demoni maschi sono Incubi e le femmine Succubi, e questo è giudizio comune di tutti i filosofi di tutti i tempi ed è comprovato dall’esperienza delle nazioni". La tradizione demonologica sosteva che i demoni pur avendo il potere "che è nei fianchi, e il suo vigore nei muscoli del ventre", non potessero procreare gli uomini per mancanza del seme. La finalità ultima di questa pratica non è mai stato chiarito. Si supponeva però che le creature così concepite fossero più sensibili alle influenze del demonio.
    Nel Malleus, nella parte del trattato in cui si affronta la questione procreativa, gli autori sostengono:
    CITAZIONE
    « Noi diciamo pertanto tre cose: in primo luogo che questi diavoli commettono sconcissimi atti venerei non per godimento, ma per infettare l’anima e il corpo di coloro dei quali sono succubi o incubi; in secondo luogo che, con un atto simile, ci può essere una completa concezione o generazione da parte delle donne, perché i diavoli possono portare il seme umano nel luogo conveniente del ventre della donna e accanto alla materia qui predisposta e adatta al seme. (...) In terzo luogo, nella generazione di siffatte cose ciò che avviene attribuito ai diavoli è solo il moto locale e non la stessa generazione, il cui principio non è una della capacità del diavolo o del corpo da lui assunto ma di colui al quale appartenne il seme, per cui chi è generato non è figlio del diavolo ma di un uomo. »
    (J.Sprengher e H.Kramer, Malleus Maleficarum, Parte 1, Questione III)



    Secondo la tradizione demonologica, i succubi apparirebbero agli uomini sotto forma di giovani donne di enorme bellezza, capaci di ineguagliabili arti seduttive ed erotiche derivanti dalla loro natura diabolica.

    ...

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