Il termine indifferenza (dal latino indifferentia, composizione di in (privativo) e differentia, senza differenza) in filosofia può significare:
-tranquillità d'animo espressa senza desiderio o rifiuto di fronte ad un oggetto;
-comportamento tale che, all'atto di prendere una decisione tra due alternative, non si sceglie né l'una né l'altra perché vengono considerate ininfluenti e incapaci di produrre cambiamenti rispetto alla condizione esistente.
Nella filosofia antica il concetto di indifferenza trova rilievo soprattutto nell'ambito delle scuole socratiche cosiddette minori quali lo scetticismo e in quest'ambito nei suoi maggiori esponenti: Pirrone e Timone di Fliunte.
Accentuando la posizione delle dottrine precedenti che consideravano la Conoscenza
sensibile, incerta e contingente, gli scettici
negano la possibilità di qualsiasi conoscenza in cui si possa riporre fiducie e perciò sostengono che «le cose ci appaiono uguali per quel che concerne la loro credibilità o non credibilità».
In conseguenza nell'impossibilità di apprendere il Vero si dovrà
sospenderà ogni giudizio, (epoché) e
si rinuncerà ad affermare o negare (aphasia) qualunque espressione «per non essere in grado di dire a quale delle cose proposte bisogni prestare o non prestare fede»
Nel dubbio si deve tacere!
In questo modo il saggio si caratterizzerà per:
- l'atarassia (imperturbabilità).
- l'apatia (libertà dalle passioni).
- l'adiaforia (l'indifferenza nel preferire o meno qualsiasi cosa).
L'indifferenza del saggio si ripropone nella morale stoica. La
Saggezza stoica consiste infatti nella capacità di raggiungere la felicità, ed è per questo incentrata sull'imperturbabilità dell'animo e sull'indifferenza, concetti derivanti in gran parte dalla scuola cinica.